domenica 26 febbraio 2017

L'essere in filosofia - San Tommaso d'Aquino

Padre Mario Pangallo - 4^ parte

Per TOMMASO D'AQUINO (1225-1274) il punto di partenza della riflessione sull'essere, è la ragione umana, dato che accomuna tutti gli uomini. L'ente e l'essenza sono i pilastri del suo sistema filosofico-teologico. L'ente indica qualunque cosa esistente.


Occorre distinguere tra l’ente logico e l’ente reale. L'ente logico è puramente concettuale, poiché non sempre i concetti espressi nel pensiero sono concretamente presenti nella realtà: la bellezza è una astrazione e nel mondo fisico esistono le cose belle, visibili e tangibili, mentre la bellezza è un 'universale', è un concetto astratto e non esiste come ente reale osservabile e palpabile. Il carattere universale dei concetti è dovuto alla capacità astrattiva della razionalità umana. L’ente reale corrisponde ad ogni cosa esistente e si manifesta tramite due termini concettuali distinti: l'essenza e l'atto di essere'. L’essenza rivela 'ciò che una cosa è', essa indica il complesso delle note fondamentali con cui distinguere gli enti tra loro. Ma mentre in Dio l'essenza si identifica con l'essere, nell'universo creato le cose non esistono necessariamente, infatti potrebbero anche non esistere, per cui l'essenza è possibilità ad essere, è cioè 'potenza ad essere'. Il mondo, quindi, è contingente, e pertanto non esiste per virtù propria, ma in forza di qualcun altro, il quale, per poter dare l'essere alle cose deve egli stesso identificarsi con l’essere. Solo in Dio l'essenza si identifica con l'esistenza, e quindi Egli è l'origine di ogni ente reale. Per Tommaso, l’essere è l'atto che concretizza l'essenza, la quale, in se stessa, non è altro che una possibilità di essere. Entro il paradigma aristotelico di potenza ed atto, di un ente qualsiasi si potrebbe dire che l'essenza è in potenza, mentre l’essere è l’atto. Si può concludere che l'essere in Tommaso è la sintesi di essenza ed esistenza, dove l’essenza è ciò che l'essere è e l’esistenza è l'atto per cui l'essere è.

L'essere in filosofia - Il messaggio biblico e cristiano

Padre Mario Pangallo - 3^ parte

Il messaggio biblico e cristiano: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». (Gv, 8,58). Nel I secolo d.C, in seguito alla diffusione in Occidente del messaggio di Gesù Cristo in particolare da parte di Paolo di Tarso, si assiste ad un'innovazione della concezione dell’essere e ad una riscoperta di nuovi valori. Sulla base dell’Antico Testamento, dove l'Onnipotente era presentato secondo le parole del tetragramma biblico YHWH, tradotto nella Bibbia greca come «Io sono Colui che sono» (Es. 3,14), l'essere è identificato con Dio, che è amore (agàpe) concepito come "dono" di sé - diversamente dall'accezione greca di amore come "bisogno" di completezza -. L'Essere-Dio accetta di affidare alla fragilità dell'uomo la Parola del suo messaggio, si fa addirittura uomo e ama le sue creature fino al sacrificio della croce.

Il cristianesimo segna una svolta profonda nella ricerca gnoseologica dell’essere.

Agostino d'Ippona (354-430) fonda il suo pensiero su due dati ontologici fondamentali: a) di carattere psicologico: «Si fallor, sum», cioè, "se mi inganno vuol dire che esisto. Non si può ingannare chi non esiste". B) di carattere teologico: 'La verità è Dio', perché la verità ci rivela ciò che è, in contrasto con la falsità che fa apparire o credere vero ciò che non è. La verità porta a riconoscere il vero bene, che al sommo grado si identifica con Dio come sommo Bene, cioè il Bene di ogni bene.


Tra gli attributi di Dio, oltre alla Verità e al Bene, vi è anche l'Essere. Sul Sinai Dio si rivela come "Io sono colui che sono", perché Dio è 'sommo essere', è 'somma essenza'; Egli dona l'essere, l'esistenza alle cose, le quali godono di una partecipazione all’essere, e quindi alla perfezione di Dio; la natura delle cose, tuttavia, non possiede la perfezione assoluta (propria solo di Dio), ma vi è una gradualità di perfezione che va crescendo nell'avanzamento del processo cosmico. Il male stesso è connesso alla creazione, perché se Dio è Bene, da dove proviene il male? Sulle orme di Plotino, Agostino afferma che il male è privazione, è mancanza di essere. Il male non può essere una sostanza creata, dato che tutto il creato è 'cosa buona', nel creato vi sono solo 'gradi inferiori di essere rispetto a Dio' (livello metafisico-ontologico). Il vero 'male' è quello morale, che risiede solo nella cattiva volontà dell'essere umano, e tale volontà negativa non risiede in una 'causa efficiente', ma in una 'causa deficiente': La volontà dovrebbe tendere, per sua natura al Bene sommo, a Dio, però, dal momento che esistono molti beni creati e finiti, la volontà può leggere erroneamente l'ordine gerarchico del bene e preferire la creatura al Creatore, i beni inferiori a quelli superiori; si verifica così una 'aversio a Deo' ['allontanamento da Dio'], e una 'conversio ad creaturaram['avvicinarsi alla creatura']. Il peccato non è orientarsi alla creatura, la quale è bene in sé, ma sovvertire l'ordine della natura, e preferire un bene inferiore creato, a Dio che è sommo Bene creatore (livello morale). Il male fisico - malattie, sofferenze, tormenti dell'animo, ecc. - sono tutte conseguenze del peccato, perché non è la carne corruttibile a portare l'anima al peccato, ma è il peccato dell'anima a portare la corruzione nel corpo (livello fisico).